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Il paese fu costruito nel XV secolo dagli abitanti del vicino paese di Mirandella che era stato completamente distrutto da un violento terremoto. Molto scarse sono le notizie riguardanti la storia di questo piccolo centro della Sabina che deve la sua importanza soprattutto al valico posto a breve distanza, da cui prende il nome e che anticamente collegava la Sabina con l'Abruzzo,
attraverso i monti Carseolani. L'attuale comune di Varco Sabino fu costituito nel 1853.

La fondazione di Varco, che tra l'altro non raggiunse mai lo stato di castrum, dato che non era protetto da fortificazioni, è abbastanza tarda, anche se nella zona dovevano essere presenti forme di popolamento sparso che gravitavano intorno alla chiesa rurale di s. Angelo de Varco, attestata per la prima volta in un registro di chiese dipendenti dal monastero di s. Salvatore Maggiore redatto nel 1252. Nell'elenco dei castelli e dei villaggi usurpati a s. Salvatore agli inizi del Trecento con la forza dai de Romania non compare Varco, anche se questo fatto non è risolutivo. Da segnalare ad esempio che nel 1353 Innocenzo VI concesse a Angelo di Francesco da Varco un canonicato in attesa di prebenda nella chiesa collegiata di s. Pietro di Cassel, diocesi di Thérouanne, nel dipartimento attuale del Pas-de-Calais, ad attestare non solo la presenza di un insediamento, ma anche il notevole rango sociale raggiunto. La villa di Varco agli inizi del XVI secolo contava una trentina di focolari. L'etimologia del toponimo viene così spiegata dal Palmieri «il nome l'acquistò dal rimanere sotto sporgenti rupi, che sono incatenate tutte, ed il capo di tal catena lo ritiene in mano la piccola statua di S. Michele Arcangelo, che rimane in una nicchia o grotticella», anche se il toponimo, molto diffuso, sembra invece far riferimento alla collocazione geografica dll'insediamento nel senso di «valico». Al momento della completa riorganizzazione dello stato della Chiesa nel 1817, Varco, con 362 abitanti, fu appodiato di Castelvecchio ed inserito nel governatorato di Roccasinibalda. Successivamente divenne comune. Nle 1853 aveva 404 anime che formavano 86 famiglie, abitanti in sole 73 case. Le famiglie preminenti erano i Caprioli, i Battisti e i Manelli. La chiesa parrocchiale, priva d'organo, erano dedicata a s. Girolamo. Attività principale era la lavorazione del legno alla quale attendevano ben 14 bottai. Presenti anche un sarto, uno scalpellino, una bottega di ferri lavorati ed una piccola spezieria. La piccola piazza del villaggio serviva per la trita del grano.

 
       
 
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Le Frazioni:

Poggio Vittiano
Anche la fondazione di Poggio Vittiano è avvolta nelle nebbie. Il castello, compreso anch'esso nella signoria territoriale di s. Salvatore maggiore, compare nelle fonti in XIII secolo. Nel 1253, ad esempio, è ricordata la chiesa di S. Maria di Poggio Vittiano, ma la fondazione è indubbiamente ben più antica e potrebbe essere retrodatata di almeno due secoli. Nel 1817 appodiato di Castelvecchio nel governatorato di Roccasinibalda con 150 abitanti, successivamente divenne appodiato di Varco. Nel 1853 aveva una popolazione 186 persone, suddivise in 38 famiglie che occupavano altrettante case. La parrocchia era intitolata a S. Maria e secondo il Palmieri «nulla v'è da rimarcare, se non che quegli abitanti sono attivi assai nel coltivare il territorio loro».

Rigatti
Il castello di Rigatti fu fondato probabilmente nel XII secolo, come tende a far ipotizzare la comparsa nel 1153 della pieve di S. Maria in Rivogatti, ed appartenne ai Mareri, pur essendo colocato l di là della frontiera normanna. Federico II privò Tommaso dei suoi feudi, perché, dopo essere stato un fedele funzionario imperiale, aveva nel 1247 cambiato partito cedendo la Romagna, di cui era vicario, al pontefice. I castelli però furono immediatamente resi a Tommaso nel 1250 alla morte di Federico da papa Innocenzo IV. Nel 1271 il castello, che faceva parte della baronia di Filippo Mareri, fu sequestrato insieme agli altri e concesso al milite provenzale Guglielmo Acrrochemoure, che lo restituì alla curia regia nel 1279. Il castello tornò poi ai Mareri e restò in possesso della famiglia, finché Muzio, subentrato al fratello nel governo del feudo, fu arrestato insieme al figlio Lelio nel 1612 e nel 1615 fu condannato a morte dal tribunale del governatore di Roma e giustiziato per aver offerto ospitalità e concesso protezione ai banditi della zona, mentre i suoi feudi, Ascrea, Bulgaretta, Marcetelli e Rigatti, furono confiscati fino al 1623 quando ne furono nuovamente investiti i figli del fratello Cesare che aveva sposato Eleonora Orsini. Nel 1633 Rigatti fu venduto a Matteo Sacchetti ed eretto a marchesato. Nel 1715 Clemente XI, con un suo chirografo, autorizzò la vendita ai marchesi Vitelleschi. Nel 1817 Rigatti, 302 gli abitanti, era un appodiato di Castel di Tora. Nel 1853, appodiato di Ascrea, la popolazione del paesino assommava a 278 persone che formavano 61 famiglie in 58 abitazioni sotto la chiesa parrocchiale della ss. Concezione. Presenti soltanto una rivendita di sali e tabacchi ed una mola grano dei Tiberi.

Rocca Vittiana
Anche per Rocca Vittiana valgono le stesse considerazioni già dette per Poggio. Per le fasi più antiche si conosce soltanto la presenza nel 1238 di un notaio dal nome Matteo, originario del luogo, e nel 1252 delle chiese di s. Tommaso, di s. Felice e di s. Giacomo, tutte appartenenti a S. Salvatore Maggiore, le ultime due, rurali, in un altro documento di un anno posteriore vengono attribuite a Poggio Vittiano. Nel 1282 gli abitanti di Rocca Vittiana, insieme a quelli di Poggio Vittiano, Offeio e S. Martino, per sottrarsi alla signoria del monastero di s. Salvatore, giurarono fedeltà, obbedienza e vassallaggio per il tramite del proprio sindaco al comune di Rieti nella persona del podestà Guglielmo da Orvieto. Nel 1817 era appodiato di Castelvecchio nel governatorato di Roccasinibalda con 127 abitanti. In seguito fu appodiato di Varco e nel 1253 contava 174 persone suddivise in 31 famiglie che abitavano in 27 case. La chiesa parrocchiale di S. Tommaso veniva definita piccola, mentre nel paese si vendevano soltanto sale e tabacchi ed esisteva la mola a grano di Salvati.

 
 
   
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